La Storia del Borgo di Vernasca
LE ORIGINI DELL’INSEDIAMENTO
Il borgo di Vernasca discende da una Storia plurisecolare, ancora in gran parte sconosciuta e inesplorata nelle sue fasi più remote. Stando alle ipotesi degli studiosi, la toponomastica del luogo potrebbe indicare l’originaria presenza degli antichi Liguri, i cui insediamenti (spesso costituiti da castellieri arroccati sui rilievi collinari e appenninici) presentavano di frequente nomi con desinenza in “-asco” oppure in “-asca”. A prescindere da tali congetture, i primi dati che confermano l’esistenza del borgo risalgono all’anno 887: in quella stessa data, nella vicina località di Borla, venne infatti siglato un documento notarile che riportava, come testimone, un certo Leoperto da Lovernasco (antico nome del villaggio, poi indicato come “La Vernasca” e infine “Vernasca”). L’insediamento sorgeva sulla sommità di un colle, detto “di S. Colombano”, dal quale si poteva disporre di un efficace controllo del crinale tra le valli dell’Arda e dello Stirone.
Il percorso della “Via degli Abati” (in colore giallo, n.1) nelle valli dell’Appennino piacentino.
Nella mappa sono riportate anche le due bretelle di collegamento con la Via Emilia in Pianura: si tratta della “Via dei Monasteri Regi” (colore verde, n.2) e della strada che collega Alseno a Bardi risalendo le valli dell’Ongina e dello Stirone (colore viola, n.3).
Tale posizione offriva un considerevole vantaggio logistico, poiché le due valli erano percorse da importanti tracciati stradali, che collegavano la Via Francigena in pianura (antica Via Emilia di età romana) con la Via degli Abati nella giogaia dell’Appennino tosco-emiliano.
In particolare, lungo la Valle dell’Arda risaliva la Via dei Monasteri Regi, da Fiorenzuola fino a Morfasso giungendo poi al borgo di Bardi (PR); anche la parallela strada lungo la Val Stirone conduceva fino al territorio bardigiano, partendo dalla grande abbazia di Chiaravalle della Colomba presso Alseno (PC). Una volta raggiunta Bardi, il cammino proseguiva lungo l’antica Via degli Abati fino alla cittadina di Pontremoli (MS), dove i pellegrini tornavano infine sul tracciato della Via Francigena.
Data la sua importanza strategica e logistica, è lecito ritenere che il colle di Vernasca sia stato precocemente fortificato e adattato a presidio difensivo; le prime notizie certe sull’esistenza di un castello a difesa del borgo risalgono tuttavia all’anno 1014, e si trovano contenute in un diploma con il quale l’imperatore Enrico II di Germania (973-1024) concesse ai religiosi del vicino monastero di S. Salvatore di Val Tolla (Morfasso, PC) il diritto di poter «ricostruire e rinforzare il castello situato a Vernasca contro le depredazioni e persecuzioni di uomini malvagi, ad utilità e protezione del monastero». Pur nella sua brevità, tale documento ci fornisce molti e preziosi riscontri storici: in primo luogo, ci informa del fatto che il castello di Vernasca fu restaurato nel 1014, e dunque già all’epoca doveva essere piuttosto antico e ammalorato, tale da richiedere appunto lavori di consolidamento e di rinforzo. In seconda istanza, il diploma dell’imperatore allude alla necessità di difendere il territorio vernaschino dalle incursioni di “uomini malvagi”, forse identificabili con quei predoni Ungari che poco meno di un secolo prima, tra gli anni 903 e 924, avevano compiuto violente razzie in tutto il contado piacentino (e le comunità locali ne temevano comprensibilmente il ritorno). Infine, il decreto imperiale di Enrico II testimonia che all’inizio dell’Anno Mille il borgo e il castello di Vernasca soggiacevano all’autorità dell’abbazia di S. Salvatore di Val Tolla, potentissimo insediamento monastico che signoreggiò per lunghi secoli su gran parte dell’alta Val d’Arda (chiamata a quel tempo “Val Tolla”). Sconsacrato e soppresso in via definitiva nel secolo XVII, al termine di un lento e progressivo declino, il monastero di Val Tolla è ormai scomparso: la sua memoria sopravvive però nei suggestivi resti archeologici venuti in luce alcuni anni or sono nei pressi del borgo di Rabbini (Morfasso, PC). Risalente all’età longobarda (sec. VII), l’abbazia di Val Tolla costituiva uno dei più importanti insediamenti religiosi dell’Appennino piacentino, seconda soltanto al ricchissimo monastero di S. Colombano di Bobbio (PC), con il quale manteneva infatti stretti rapporti, condividendone anche il posizionamento lungo l’antica Via degli Abati. Tale legame trova indirettamente conferma nella dedica a S. Colombano del colle sul quale sorsero sia il castello (1014) che la pieve di Vernasca (1148): per altro, anche la chiesa, in un primo tempo dedicata alla Madonna, venne successivamente riconsacrata al culto del Santo abate bobbiese nel 1535.
VERNASCA DALL’ETA’ MEDIEVALE ALL’OTTOCENTO
In virtù della sua importanza strategica, come perno logistico e difensivo, il borgo di Vernasca crebbe anche nella sua stessa consistenza demografica e insediativa: sulla sommità del colle di S. Colombano, tra le mura del castello, sorse infatti un villaggio dotato di case rustiche, di portici e di locali per la produzione vinicola, come riportato da vari atti notarili dei secoli XII e XIV. Il borgo si dotò anche di una sua chiesa parrocchiale, documentata dall’anno 1148 e dedicata originariamente alla Madonna (successivamente a S. Colombano); pur con qualche incertezza storica, è molto probabile che la chiesa, costruita tra le mura della rocca sul colle di S. Colombano, avesse ottenuto una precoce funzione plebana, come suggerito dalla presenza di un Fonte Battesimale descritto nel verbale di un’ispezione vescovile del 1569: fino al Concilio di Trento (1545-1563) il diritto di amministrare il Battesimo era infatti riservato solo alle pievi, intese come chiese “succursali” della Cattedrale cittadina.
Durante i lunghi secoli del Medioevo, la soggezione di Vernasca al monastero di Val Tolla si mantenne solida e indiscussa: unica eccezione, in tal senso, fu la temporanea assegnazione del borgo e del castello alla potentissima dinastia feudale dei Malaspina, che tuttavia ne mantenne il possesso solo per pochi decenni. L’autorità monastica di Val Tolla venne infatti ristabilita nel 1148 con intervento del papa Eugenio III: da allora il governo abbaziale proseguì fino ai secoli XV e XVI, quando la progressiva decadenza morale e funzionale del monastero di S. Salvatore favorì l’insediamento dei nobili Sforza di S. Fiora come nuovi signori dell’alta Val d’Arda. Tale casata fiorì da un ramo collaterale della potente dinastia degli Sforza, che nel 1450 aveva ottenuto il controllo del Ducato di Milano (inclusivo anche delle terre piacentine) ereditandolo dai Visconti: il governo degli Sforza di S. Fiora riuscì a sopravvivere alla caduta dei cugini duchi di Milano (1535), e si mantenne indipendente dalla nuova autorità farnesiana su Parma e Piacenza (1545) fino all’estinzione del casato nel 1707. Sotto il governo sforzesco, Vernasca divenne un importante cardine amministrativo per tutta l’alta Val d’Arda: nel castello, sul colle di S. Colombano, risiedeva infatti per sei mesi all’anno il giudice della Val Tolla, sorta di magistrato incaricato del governo civile nelle terre sottoposte alla signoria degli Sforza di S. Fiora.
A dispetto della sua rinnovata importanza funzionale, fino al secolo XVIII il borgo di Vernasca restò comunque un insediamento rurale di modeste dimensioni, limitato per lo più all’antico nucleo fortificato sulla sommità del colle di S. Colombano; ai piedi del rilievo si trovavano solo pochi gruppi di case, di norma indicati con il nome delle famiglie che li abitavano: è appunto questa la situazione che troviamo riscontrata dalle mappe storiche del tardo Settecento. La struttura e il volto del paese iniziarono a trasformarsi dalla metà del secolo successivo, quando il duca Carlo III di Borbone, sovrano di Parma e Piacenza, confermò ufficialmente la centralità di Vernasca come sede amministrativa e comunale (1851). Da quel momento, anche a causa delle frane che avevano progressivamente eroso la sommità del colle di S. Colombano (distruggendone i resti dell’antico fortilizio), i nuclei insediativi ai piedi del castello presero a svilupparsi maggiormente, saldandosi nella configurazione urbanistica che ancora oggi è ben riconoscibile. La definitiva affermazione del “borgo inferiore”, a discapito dell’antica rocca, si compì definitivamente nel 1881, con la ricostruzione della nuova chiesa parrocchiale nella parte bassa del paese, dove si trova ancora oggi.