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Le origini di Vigoleno

IL RUOLO DEI LONGOBARDI

 

«Nell’anno 1132 si distinsero nel Piacentino, per la loro pietà e per il culto divino, Lanfranco e Landolfo padre e figlio habitanti a Vigoleno, i quali nel settembre di quell’anno fecero donatione a S. Maria di Castell’Arquato (…), di quanti stabili e beni mobili in detto luogo di Vigoleno (…) possedevano».

 (Pier M. Campi “Historia Ecclesiastica di Piacenza”, tomo I, anno 1651, pag.403)

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La breve citazione di apertura, ripresa dalla “Historia Ecclesiastica” del canonico Pier Maria Campi (1569-1649), ci offre il primo, fugace riferimento all’esistenza del borgo di Vigoleno, attestandone l’esordio storico alla prima metà del secolo XII: il documento citato dal Campi risale infatti al 3 settembre del 1132, e consiste in un atto notarile con il quale Lanfranco e Landolfo, padre e figlio abitanti a Vigoleno, donano gran parte dei loro beni all’antica pieve di Castell’Arquato. Prima di quella data non si trova alcuna indicazione archivistica o epigrafica riferita al borgo o ai suoi abitanti: le più remote origini dell’insediamento, restano quindi avvolte in un fitto mistero, solo in parte scalfito da ipotesi e congetture.  In particolare,  alcuni  studiosi  si sono concentrati su 

due indizi molto interessanti: in primis, la tipologia dei nomi personali riportati fin dal secolo XII nei documenti notarili di Vigoleno; in secondo luogo, la titolazione della pieve del borgo, dedicata a S. Giorgio fin dal 1223.

I NOMI DEGLI ABITANTI DI VIGOLENO NEL SECOLO XII

 

L’analisi e la lettura degli antichi documenti d’archivio ha dimostrato che molti dei primi e più facoltosi abitanti di Vigoleno portavano nomi di evidente ascendenza longobarda: tra questi si ricordano Lanfranco e Landolfo, i due possidenti che donarono parte dei loro beni alla pieve di Castell’Arquato (1132), ma anche Guido del fu Gandolfo da Vigoleno, ricordato in un atto del 1153 per aver donato alcune delle sue terre all’abbazia di Chiaravalle della Colomba.

Per tale ragione, non è affatto improbabile che anche la pieve di Vigoleno, ricostruita nel secolo XII con il reimpiego di frammenti lapidei più antichi, possa ricondurre le sue origini alla presenza longobarda. Sulla scorta di tali considerazioni, si può quindi ipotizzare che il borgo di Vigoleno sia sorto in epoca longobarda (secc. VI-VIII) come presidio militare, probabilmente a guardia della strada che portava ai vicini pozzi di acque salse di Bacedasco (PC) e di Salsomaggiore (PR), dai quali all’epoca si estraeva il sale. Nel merito, si deve inoltre osservare che il borgo di Vigoleno sorge sul margine occidentale dell’antica Silva Arimannorum, ossia la “Foresta degli Arimanni”: con questa denominazione veniva indicata, nei documenti alto-medievali, la vasta zona boschiva che si estendeva dalla Val Stirone fino alla Val Ceno e al borgo di Bardi (PR). Questi boschi erano sottoposti al controllo delle arimannie, ossia le comunità di guerrieri liberi longobardi stanziati (insieme alle rispettive famiglie) lungo le principali vie di transito o nelle vicinanze di centri produttivi, così da garantirne il controllo politico e militare.

IL CULTO LONGOBARDO DI S. GIORGIO

 

La probabile origine longobarda degli abitanti di Vigoleno trova interessante riscontro anche nella dedica della pieve locale al culto di S. Giorgio, assai venerato tra i Longobardi convertiti al Cristianesimo. La devozione per questo Santo cavaliere (vissuto nel secolo III d.C.) venne mutuata dal Cristianesimo bizantino, e si consolidò tra i Longobardi sul finire del secolo VII. Secondo la tradizione, il culto di S. Giorgio venne adottato ufficialmente dal re Cuniperto dopo la sua grande vittoria contro l’usurpatore Alachis (anno 688): il successo della battaglia venne considerato come un vero e proprio miracolo, ottenuto grazie all’intercessione di S. Michele e di S. Giorgio; il re Cuniperto volle quindi celebrare tale vittoria con la fondazione di numerose chiese dedicate al culto dei due Santi Patroni.

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LA VIA DEGLI ABATI E LE SUE BRETELLE MINORI 

 

Popolo di antica origine germanica, i Longobardi calarono sull’Italia nell’anno 568, occupando in breve tempo molti territori sia al Nord (Friuli, Veneto interno, Lombardia, Piemonte, Emilia Occidentale) che nel Centro (Toscana, Spoletano) e nel Sud (Benevento). Le restanti zone della Penisola (costa veneta, Liguria Romagne, Marche, Lazio e Meridione) rimasero invece sotto il dominio dei Bizantini, che riuscirono per altro a contendere l’effettivo controllo di Parma fino ai primi anni del secolo VII. In tale contesto, ai Longobardi era impedito il transito su molte delle antiche strade romane dirette verso le coste e verso il Meridione: tra queste, ricordiamo la Strada lungo la Val Trebbia verso Genova, la Strada del Mugello da Bologna a Firenze, e infine la Via Flaminia da Rimini a Roma, tutte attestate nelle terre rimaste sotto il controllo di Bisanzio. I Longobardi dovettero quindi aggirare l’Appennino ligure-tosco-emiliano verso sud-est, privilegiando la Strada del Passo della Cisa (inclusa nei loro domini) per raggiungere le terre toscane. Ebbe così origine la Via degli Abati, un percorso che partiva da Pavia (capitale longobarda) raggiungendo infine la cittadina di Pontremoli, autentica “porta” della Toscana: il suo tracciato attraversava tutte le valli dell’Appennino piacentino, prendendo nome dal fatto che veniva utilizzato anche dagli abati dei due monasteri di S. Colombano di Bobbio (PC) e di S. Michele di Gravago (Bardi, PR), entrambi posti lungo l’itinerario.

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Il percorso della “Via degli Abati” (in colore rosso) nelle terre controllate

dai Longobardi nel Nord Italia.

In corrispondenza della Val d’Arda e della Valle dell'Ongina, la Via degli Abati si raccordava a due importanti bretelle stradali dirette verso la Pianura: queste erano, rispettivamente, la Via dei Monasteri Regi (attestata lungo la Valle dell’Arda) da Morfasso (PC) a Fiorenzuola (PC), e la quasi parallela strada che collegava Alseno (PC) a Bardi (PC) risalendo la Valle dell’Ongina e la Val Stirone. Il borgo di Vigoleno sorse su quest’ultimo tracciato, e costituì nel corso dei secoli un importante punto di sosta per i pellegrini che vi transitavano diretti verso l’Italia centrale.

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Culto San Giorgio
Via Emilia e Abati

Il percorso della “Via degli Abati” (in colore giallo, n.1) nelle valli dell’Appennino piacentino.

Nella mappa sono riportate anche le due bretelle di collegamento con la Via Emilia in Pianura: si tratta della “Via dei Monasteri Regi” (colore verde, n.2) e della strada che collega Alseno a Bardi risalendo le valli dell’Ongina e dello Stirone (colore viola, n.3).

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