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Il Museo degli Orsanti

GLI ORSANTI: ARTISTI GIROVAGHI TRA SETTE E OTTOCENTO

 

Tra le numerose memorie storiche che si conservano nel borgo di Vigoleno si deve certamente includere anche il Museo degli Orsanti: un interessante spazio espositivo, allestito nei locali dell’antica locanda del paese (a sua volta ricavata nei pressi dell’Hospitale medievale dei pellegrini), dove è esposta una ricchissima collezione di cimeli sette-ottocenteschi appartenuti agli orsanti dell’Appennino piacentino-parmense. Con questo termine si indicava una variegata ed eterogenea categoria di artisti girovaghi, specializzati nell’ammaestramento di orsi o di altri animali (spesso anche di origine esotica, come scimmie o cammelli) con i quali mettevano in scena vere e proprie esibizioni circensi nelle piazze delle più importanti città europee. Lo spettacolo era spesso preceduto e integrato da esibizioni minori, quali ad esempio teatrini di marionette, acrobazie o stacchetti mimici e musicali.

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Gli orsanti discendevano molto spesso da famiglie di contadini e braccianti, oppure di piccoli agricoltori-proprietari le cui terre erano però troppo povere per garantire il mantenimento delle rispettive famiglie. L’area geografica di provenienza riguardava soprattutto le valli del Ceno e del Taro, tra le attuali province di Parma e di Piacenza. Il mestiere di orsante ebbe sicuramente un’origine molto antica, ed è probabile che le sue radici affondino addirittura nel più remoto Medioevo;  i primi riscontri storici sono tuttavia datati alla seconda metà del secolo XVIII: risale infatti al 1767 la presenza dell’orsante  Antonio Maria Chiesa nella città di Turku in Finlandia, dove egli giunse con i propri animali (un orso, un cammello, due istrici africane, due asini e quattro scimmie) dopo aver girovagato per tutta la Scandinavia. Stando alle fonti d’archivio, le autorità locali richiesero ad Antonio Chiesa il pagamento di una tassa di cinquecento talleri d’argento, che egli puntualmente versò ottenendo regolare licenza per le sue esibizioni: ciò dimostra che il mestiere di orsante era certamente duro e faticoso, ma consentiva anche lauti compensi con i quali, non di rado, gli artisti riuscivano a garantirsi una decorosa esistenza una volta ritiratisi dalle scene. Significativa, in questo senso, fu la storia di Opilio Faimali (1824-1894): nato da povera famiglia contadina, divenuto poi domatore di animali e artista circense apprezzato in tutta Europa, morì infine come agiato possidente nella sua villa padronale a Pontenure (PC). Originario di Gropparello (PC), egli fuggì di casa quando era ancora un bambino: attraversò a piedi il Piemonte, la Savoia e gran parte della Francia giungendo fino in Alsazia.

La sede del Museo degli Orsanti, incastonata tra la primitiva porta medievale in pietra (a sinistra) e l’oratorio della Beata Vergine delle Grazie (a destra, al di fuori della fotografia).
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Nella città di Colmar riuscì a farsi assumere come mozzo di stalla in un circo e dopo soli due mesi, nel 1840, fece il suo esordio come cavallerizzo acrobata. Nel volgere di pochi anni, il Faimali acquistò un primo, piccolo serraglio con due iene, due lupi e quattordici scimmie, diventando così un domatore assai popolare. Tra gli anni Cinquanta e Sessanta dell’Ottocento, il Faimali si procurò in Nord Africa un gran numero di felini, con i quali tornò poi in Europa per esibirsi come lottatore; i suoi spettacoli, apprezzatissimi dal pubblico, gli valsero ottimi introiti, con i quali poté ingrandire il suo serraglio con numerose belve feroci: nel 1864 il Faimali possedeva ben centosessanta animali, tra i quali trentadue leoni. Sulle ali della sua popolarità egli venne ricevuto con tutti gli onori alle Corti dei sovrani di Inghilterra, Olanda, Turchia e Italia. Ormai ricco e riverito, Opilio Faimali abbandonò le scene nel 1874, morendo poi vent’anni dopo; la sua dipartita segnò, simbolicamente, anche il tramonto dell’intera categoria degli orsanti: il successivo scoppio della Prima Guerra Mondiale (1914) impedì infatti la  libera  circolazione  degli  artisti  in  Europa,  e molti  animali  (soprattutto

cavalli, asini e altre bestie da soma) furono confiscati ai loro proprietari dalle truppe coinvolte nel conflitto. Con la fine della guerra, nei primi anni Venti, l’antico mestiere di orsante (ancora “artigianale” e raccolto attorno alla figura dell’artista-domatore) fu rapidamente sostituito dai più moderni circhi, fondati sull’esibizione consecutiva di numerosi artisti, tutti specializzati su specifiche abilità (acrobati, domatori, clown, prestigiatori, ecc…).

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